27 luglio 08 – 09 ……

Luglio 26, 2009

Davide, amore mio, un anno senza te…….

Quanto vorrei fosse un anno da “candelina”, come quando hai compiuto il tuo primo anno di vita. Ricordi? Tu no. L’ho hai poi visto dalle foto. Ti ho fatto fare la torta a “paperino”. Oggi è all’ordine del giorno, ma ventisette anni fa era davvero un anteprima. Eri bellissimo, amore mio, con quegli immensi occhioni dolci, felici, ma già un po’ smarriti, come alla ricerca di qualcosa perduto. So e sento che ancora ed anche oggi sei così.

Dove sei ? tormentato figlio mio? Dove si è posato il tuo smarrito sguardo? Ha trovato riparo, rifugio, ha trovato almeno un pezzetto, di ciò che cercava?

Vorrei poter sentire una voce da qualche parte che mi dicesse che posso rispondermi affermativamente a queste domande.

Vorrei che tutti coloro che hanno attraversato il percorso della vita di Davide per quanto concerne il suo “male” sentissero dentro il cuore una punta di spillo che pungesse, non a far male, per carità, ma a sentirla spingere dentro, si. Che bastasse a far si che la sera, ognuno di loro, nel proprio letto, ripensasse al perchè dopo qualche tentativo d’ intervento: alcuni un po’ più lunghi ed articolati , altri più brevi e superficiali, ma tutti terminavo con la stessa frase : (è accaduto per circa 10 anni di tormentato cammino, pensa…. quanti variegati ed innumerevoli incontri di camici bianchi e/o para-sanitari, quale infiìnità di specializzati e/o specializzandi in pschiatria e psicologia), ebbene, dicevo, tutti, indistintamente, gettavano la spugna e dicevano: è un caso (notare “caso”: orribile e sconcertante direi. Chissà, mi sono chiesta, alcune volte, se un figlio loro che, per qualsiasi motivo dovesse avere un problema di salute, lo definirebbero “caso”) liquidavano, prima, o poi, dicendo: “è un caso difficile”. Ebbene, tutti sappiamo che ormai, come in qualsiasi campo, anche nella sanità, quella privata, in particolare che, poi si suddivide in mille sottotitoli: comunità CR, CTR ecc., sono un bussines. Ma, volendo, la cosa non scandalizza più di tanto, perchè è pure giusto che, l’impiego di forze proprie nel lavoro scelto, e sopratutto, nel caso di cliniche, ospedali, comunità, che sostengono il mantenimento di tante altre forze lavorative, di mega strutture per tutto quello che occorre da un punto di vista logistico ed organizzativo, viene giustificato da costi considerevoli. Quindi poco importa che guadignino ed anche più del dovuto. Sarebbe invece, assolutamente necessario che ognuno di loro iniziasse a smettere di considerare i ragazzi che, con infinita speranza e fiducia vengono loro affidati dalle famiglie, dei numeri da turn over. Sarebbe proprio importante se ogni tanto rinfrescassero le loro memorie e ricordassero che a monte della loro scelta professionale, hanno pronunciato il giuramento di Ippocrate. Sarebbe davvero bello se, ogni tanto, guardando dritto negli occhi uno di quei ragazzi, pensassero per un attimo e se fosse mio figlio? Mio fratello? Mio padre? Impiegherei di me stesso esattamente quello che sto’ dando per aiutare lui o farei mille volte di più e di meglio? Io nella mia piccola e stupida ignoranza mi domando: ma se il “caso” non fosse difficile, ma che senso avrebbe tutta la loro scienza? E come un genitore che ha la fortuna di avere un figlio che risponde ad ogni insegnamento e/o valore che riceve, crescendo ogni giorno più buono, più ubbidiente, più studioso, che mai fa’ una cosa sbagliata ecc. Ma che capacità ci vuole a gestire un figlio cosi’? Ma la vera sfida di misurararti con te stesso, ad affrontare le prove a cui la vita ti sottopone è quando ti capita il “caso” difficile. Se tutta l’umanità fosse composta da gente bella, buona, intelligente, sana, volenterosa , onesta, leale, e chi più ne ha più ne metta, ma che senso avrebbe l’esistenza di chi queste persone le deve curare, aiutare, riabilitare, o meglio, come dico io, restituirli alla vita? Perchè, nessuno sa per quale strana stranezza, ad un certo punto la vita decide di rubargli ciò che gli spetterebbe per naturale diritto. Ma dove sono i medici che credono fino in fondo in ciò che fanno? Ma possibile che il senso della loro scelta non deve essere: ottenere risultati. Io nella mia infinita modestia ho fatto per tanti anni volontariato, in particolare la scout, ho visto attraverso il metodo educativo di B.P., condito da tutto il mio ardore ed il mio credo nel trasmeterlo ai bambini, trasformare letteralmente parecchi di loro. Bambini così detti “tremendi” quetarsi, trovare equilibri che gli venivano da stimoli che li interessavano, e, bambini timidi, introversi, a volte addiritura scontrosi, sciogliersi, vivacizzarsi al punto giusto. Ed io ricordo che spesso me li guardavo e dicevo: ecco, questo è il mio stipendio: la loro trasformazione positiva. Non posso credere che io sia la famosa mosca bianca. Evidentemente devo credere che Davide ed io siamo stati per tutta la vita così sfortunati da non incontrare mai la persona giusta che sfisdasse il “caso” difficile. Perchè mai avrei scelto di fare il medico e poi specilazzarmi, impiegare circa 3o anni della mia vita sui libri? L’ho fatto solo per ambizione personale? Per obbligo o meglio convenienza ereditaria? Perchè posso guadagnare di più , essere socialmente più considerato? Ma le sfide, quelle vere, non le conosce nessuno? Ma posssibile che a tutte queste persone (come uso dire io) non gli si smuove mai il sangue? Trasformandosi, invece che inerti spettatori di tante vite scempiate dal male, registi che decidono di fare di un libro apparentemente scarabocchiato, ma dal contenuto altissmo, profondo, e dolcissimo un film che per loro diventerà un cult, perchè hanno dato a quella vita una virata di salvataggio? Ma se in ogni mestiere o professione ci si arrendesse davanti alle difficoltà, che succederebbe? Per esempio, chi di noi non ha preso un areo ed è capitato all’improvviso in mezzo ad una brutta perturbazione? Sarebbe di certo morto, se il pilota lo avesse considerato un “caso difficile” e/o ingestibile e non avesse fatto il dovuto per condurre all’atteraggio nel previsto aeroporto l’areo. E così via potrei fare mille ed un esempio.

In tutti questi anni mi sono sentita dire decine di volte di denunciare tutti quelli che non hanno fatto quello che avevano detto che avrebbero fatto.

Non parliamo poi dell’ultimo caso, ovvero di denunciare penalmente la Comunità da cui è scomparso Davide.

Io invece non l’ho mai fatto e non l’ho fatto nemmeno in questo caso, sono certa, raccogliendo la disapprovazione di molti.

Esattamente come quando per anni mi sono sentita dire che avrei dovuto denunciare il padre per tutto ciò che aveva il sascrosanto dovere di dargli e non gli ha mai dato.

Ed anche in questo caso non l’ho mai fatto.

Chi è stato in disaccordo con questa mia scelta, mi ha anche detto che, così non ero una madre che tutela i diritti e gli interessi di suo figlio.

Certamente sarà vero.

Ma vi spiego perchè non l’ho mai fato. Prima di tutto perchè il donare, sia ciò che dobbiamo materialmente, sia ciò che sentiamo emozionalmente e/o sentimentalmente, quando ci costringono a darlo, praticamente sotto “minaccia” o ricatto, o comunque imposizione legale. ….. perde totalmente di significato, diventando un atto triste, squallido, meschino, ovvero deprivato del valore umano intrinseco che è l’ atto spontaneo di amore dettato da una libera scelta.

Io ho sempre pensato che trascinare mio figlio, anche se non fisicamente, ma come strumento, in tribunale, per fargli dare ciò che gli spettava, sarebbe stato come farlo sentire, non persona nella sua piena dignità, ma, vile merce di baratto.

Che cosa avrebbe dovuto pensare dell’amore e della gratuità che in esso è contenuta?

Si, forse avrebbe goduto di un paio di scarpe o di un vestito in più. Forse sarebbe uscito qualche volta con suo padre. Ma andare a spasso con un padre seccato, magari arrabbiato che gli avrebbe dato? Ho pensato: meglio niente ricordi che cattivi ricordi. Forse è una mia stupida ed arrogante presunzione, ma tant’è….

E così per i sanitari che lo hanno avuto in cura. Intanto penso che sarebbe stato a priori un atto di ingenuità, perchè queste strutture sono più che solide da un punto di vista legale, parate da mille cavilli. Io non avrei avuto la forza, sopratutto economica, per poter gareggiare e sostenere un contenzioso e pensare di vincere. Ed ammesso e non concesso, il senso della vittoria quale sarebbe stato? Mi avrebbe restituito Davide? No. Si è vero, molto probabilmente, la loro incurie e superficialità hanno consentito di far perdere o distruggere una giovane vita. Ma ripeto, che interroghino le loro coscienze.

Io stessa quando guardo Davide nelle foto, sento un bruciore in mezzo al petto, pensando che lui avrebbe voluto tutt’altro di quanto io sono stata capace di dargli.

Ma voglio pensare positivo. A volte, credete, il dolore per la sua assenza che non ha una risposta, mi invade al punto da soffocarmi come andassi in apnea sino a sentirmi svenire. Ma voglio pensare positivo.

Così come quando ho trovato il mio piccolo, immenso unico papà, che si è tolto la vita. Subito ho pensato: “Dio mio, povero papà, perchè non mi hai permesso di amarti apertamente come sentivo di fare? Forse il mio amore liberamente espresso non ti avrebbe ucciso.” Ma subito dopo, si è impressa nella mia mente, e così mi ha seguito per tutti questi anni, la serenità che si era disegnata nei tratti del suo volto, la pace tanto agognata finalmente raggiunta, il sollievo che vi si leggeva, che, ai miei occhi, superavano la smorfia devastatrice della morte violenta.

Allo stesso modo quando penso a Davide lo immagino forte e fiero di sè, perchè c’è l’ha fatta da solo a riprendersi la vita che gli spettava e che se la sta’ mordendo a suo modo.

Davide, amore mio, ricordi la preghiera di mamma che, tanto ti piaceva e ti inorgogliva?

“Mio Signore, Mio Dio, una volta, dieci, cento, mille volte, dammi sempre lo stesso figlio”

E’ rimasta quella, Dada mio, è rimarrà immutata sino al mio ultimo giorno di vita ed oltre.

Con l’occasione ringrazio di nuovo tutti coloro che in quest’anno mi sono stati vicini e mi hanno concretamente aiutata nella sua ricerca. Ringrazio tutti coloro che mi hanno telefonato che mi hanno scritto: tutti meravigliosi ed importanti. Non lo dimenticherò.

Ho chiesto ai Carabinieri di Orvieto che seguono le indagini di coinvolgere nelle ricerche anche l’Iterpool. E loro, molto carinamente e con solerzia, hanno chiesto l’intervento del Magistrato che ha attivato questa richiesta rendendola fattiva.

Ho contattato i Consolati italiani in Olanda ed in Germania ed anche loro si sono attivati. Ho scritto ad una trasmissione Olandese che è la paritetica del nostro “Chi l’ha visto?” che si chiama “Vermist” , anche loro hanno trasmesso la notizia.

Con l’occasione, mando un grazie particolare ad Antonio Cogoni, un nostro connazionale che, da 40 anni risiede ad Amsterdam che, da me contattato, ha subito dato il via alla ricerca, a mezzo dei volantini, delle foto, delle notizie, di e su Davide, coinvolgendo tanti centri che accolgono ragazzi senza fissa dimora e tanti volontari e persone del campo. E’ una persona squisita che oltre all’aiuto concreto, spesso mi scrive parole di incoraggiamento e di speranza.

Ti stringo forte a me, Dada mio, e ti ricordo quello che ti dicevo da piccolissimo e tu spesso, negli anni, lo volevi ripetuto. Ti dicevo: “noi siamo ricchi. siamo ricchi di bello” …..

Davide , 2 anni e mezzo/3 anni:

“Mamma, lo vedi quel bambino? ” E’ proprio “malebucato”.

Vivevamo in Campania, un giorno mi dice:

“Mamma, sai come si dice si scioglie in inglese? “si squaglia”.

“Mamma hai messo il rosmarino nel coniglio? E’ diventato più sexi”…….

“Mio Signore, Mio Dio, una volta, dieci, cento, mille volte, dammi sempre lo stesso figlio”

Ciao. Mamma.

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