Collegno, nessuno di noi era “smemorato”
Ciao Da’, sai che la tua mamma sta tornando ad essere la girandolona di una volta?
Difatti sono appena rientrata da Torino, più precisamente dalla provincia, sono stata in un paese chiamato Collegno. Il suo nome è tristemente legato al suo imponente ospedale psichiatrico (oggi ex) che divenne ancor più famoso, balzando agli onori della cronaca, per la storia dello “smemorato di Collegno“. Un signore che non ricordava nulla del suo passato, cominciando dal proprio nome, e veniva conteso da due famiglie che lo reclamavano come appartenente ognuna alla loro. In particolare le “due mogli”. E’ stato un caso che per decenni ha appassionato ed infiammato le cronache di allora, attraversando le generazioni dagli anni 20 sino agli anni, mi pare, 60/70, ancora se ne parlava. Inutile dire che poi ci si è prodotta sopra, cinematografia, romanzi, rappresentazioni teatrali, ecc. Annoverando sempre un pubblico spaccato in due: chi tifava per una identità, chi per l’altra identità. (una famiglia era altolocata, l’altra modesta). Essendo io torinese, ho vivo il ricordo di io bambina e mamma mia che parlava e raccontava di questo fatto.
Mi chiederai e chiederete ma che mai ci sei andata a fare in questo Collegno? Vi rispondo. Un incontro: tanto emozionante, quanto costruttivo, interessante, importante.
Era il Convegno dell’Associazione Penelope Nazionale, organizzato dal Comitato Territoriale di Penelope Piemonte.
Il titolo: A.A.A. = Assenza, Angoscia, Attesa, diamo voce al silenzio. Il seminario, a seguire, “essere squadra per la speranza nel tempo”
Come faccio a trasmettervi le sensazioni vissute? Intanto ho vissuto un terremoto emotivo. Lo so, ogni volta, che partecipo a qualsiasi avvenimento od evento in cui Davide diventa gigantesco, come un corpo alto due metri e dal peso di 150 kg. che vuole uscire dal mio minuscolo corpo, ed allora, dicevo, lo so, razionalmente, è come farsi karakiri. Ma al tempo stesso la senti come una necessità vitale, come respirare e bere, mangiare e dormire, pensare ed amare, quindi è più forte di te, non ne puoi fare a meno. Mi sono spiegata? Insomma…. immagino poco, poco.
Per quanto riguarda il titolo di questo articolo, invece, ritengo che non ho alcun bisogno di spiegarlo, ma siccome sono una chiacchierona, dico che, ciò che intendevo, è che noi, famigliari delle persone scomparse, a Collegno il 10 e 11 settembre, non eravamo “smemorati” verso chi è assente dalle nostre vite, ma anzi, eravamo pieni, zeppi, di rinnovata memoria nel e del loro ricordo.
Cosa mi sono riportata a casa? Talmente tanto che ho avuto timore che il peso del mio trolley superasse di gran lunga quello consentito dalle compagnie aeree come bagaglio a mano.
Mi sono portate le 3 parole e/o sostantivi scaturiti dal convegno:
RABBIA – CORAGGIO
(parole indicataci da Don Luigi Ciotti, il quale si è avvalso di una frase di Sant’Agostino che diceva: ” la speranza ha due figli: la rabbia ed il coraggio”
SPERANZA
(parola usata da Ernesto Olivero del Serming di Torino, riconducibile a Sant’Agostino, di cui sopra)
Direte voi e per tre paroline tu parli di peso? Ohh, ma voi non potete sapere quanto peso!
La RABBIA, nel nostro percorso significa vivere a ritmi martellanti, a volte quasi ossessivi, nel ripensare a tutto quanto avresti potuto fare e non hai fatto, a tutto quanto, le Istituzioni e gli organi preposti, avrebbero potuto fare e non hanno fatto per ritrovare e riportare a casa il mio Davide e gli altri quasi 25,000 dispersi. Quindi questo martellamento ha un peso specifico abnorme , vuole però tramutarsi in lotta costruttiva affinché per chi si perderà in futuro non vengano più commessi gli stessi errori e si faccia di più, molto, molto di più.
Il CORAGGIO , per noi vuol dire non arrendersi mai, trovando dentro di te tutta la forza necessaria a lottare per ritrovare chi ti interessa come senso e scopo ultimo ed assoluto della tua vita. Contemporaneamente, facendo parte dell’Associazione che, ha questo obiettivo in comune, ti fa sentire utile per qualcun altro che, trovandosi nella tua stessa condizione, non sa da che parte cominciare.
La SPERANZA che, come ci ha detto Olivero, è una forza talmente potente ed incontrollabile che è in grado di squarciare il buio. Il buio del silenzio ed il muro dell’indifferenza che pregnano questo fenomeno tanto grande quanto sommerso e quindi sconosciuto.
La SPERANZA che, per noi significa : “oggi rientro a casa e trovo ad aspettarmi Davide, Fabrizio, Andrea, Francesco, Vito, Sergio, Federica, Antonio, Emanuela, ecc.
Le altre due parole che mi sono riportata sono:
AMMIRAZIONE – GRATITUDINE
L’ AMMIRAZIONE è rivolta a tutti i componenti del Comitato Penelope Piemonte.
Sono stati tutti, dico e sottolineo tutti, fenomenali nell’organizzazione, dalla logistica, alla conduzione del convegno al quale hanno permesso di non presentare alcuna pecca. Al contrario è stato denso di ritmo e contenuti. Era articolato in una scaletta eccellente, ed ha ospitato delle eccellenze nel campo del volontariato, come dicevo prima ,(Don Ciotti ed Olivero) ha avuto la capacità di coinvolgere i politici territoriali che, questi sono solitamente, estremamente refrattari e pigri a partecipare a questo tipo di iniziative, anche perchè sono consapevoli di essere eternamente in difetto. I contenuti hanno permesso di emozionarci, di imparare, di capire di più, di farci venire la voglia di essere migliori.
Che ve lo dico a fa? In testa ai collaboratori del Comitato c’era la loro straordinaria Presidente, “ecceziunal verament” Caterina, la mamma di Fabrizio Catalano (www.fabriziocatalano.it) che, secondo me è solo un modo di dire che Fabrizio non c’è da sei anni, voglio dire che è solo una mancanza fisica la sua, ma in realtà lui c’è tutto, perchè la carica che riesce a dare alla sua mamma è talmente dirompente ed inarrestabile che consente a Caterina di fare un baffo alle così dette “duracell” e consente a tutti noi di godere di questa meravigliosa forza coinvolgente che si produce e riproduce dalla persona di Caterina e che da modo, a tutti noi, di agire molto di più di quanto ci sentiremo di fare.
La GRATITUDINE, è perchè grazie a Penelope ho avuto e penso di poter parlare, anche qui, a nome di tutti, abbiamo avuto la possibilità di rivivere l’emozione di incontrare tutte quelle persone che vivono il tuo stesso dolore e le vedi speculari a te. Ma anche la gratitudine a tutti gli amici di Penelope che, non portano addosso la tua stessa esperienza della scomparsa, ma sono dotati di talmente tanta empatia e desiderio di dirti: “dai, forza, non mollare mai, io ci sono” che averli vicini, vederli è un dono ancora più grande ed importante che essere tutti di noi. Grazie per tutto questo all’Associazione Penelope e a chi reso e rende possibile l’esistenza dell’Associazione, dai mitici fondatori Gildo Claps, Marisa Golinucci, Gilda Milani sino alla nostra, oggi, Presidente Nazionale, Elisa Pozza Tasca, grazie per tutto quello che ha fatto e fa a livello, sopratutto di mediazione con lo Stato, le grandi Istituzioni ed i “personaggi” che contano, sino al nostro Commissario Straordinario per le persone scomparse Michele Penta e tutto il suo staff, la sua vice Dott.ssa Iadiccicco, l’Ispettore Galbiati e tutti coloro che non conosco, ma so che ci sono e fanno tanto per noi, pur con tutti gli ostacoli con cui ogni giorno si devono misurare.
GRAZIE a noi famigliari che, detto tra noi, siamo forti e molto, molto “fighi”. Non potremo essere diversamente del resto, altrimenti i nostri cari scomparsi, si direbbero: “ma chi me lo fa fare ritornare? Questi so delle mezze ciofeghe” Ed invece essendo tutti noi proprio l’inverso avranno tutto il piacere, la volontà ed il pensiero di tornare a stare con noi.
GRAZIE, per esserci ascoltati.
GRAZIE, per esserci abbracciati.
GRAZIE, per esserci detti che il dolore è magico, unisce e fa crescere.
GRAZIE, per esserci guardati negli occhi.
GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE, per aver guardato l’immagine di Davide ed esservela portata con voi.












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