21 Marzo

Febbraio 6, 2009

N A S C I T A (poesia di Davide)

Gli albori di un giorno che non finirà mai.

la mamma racconta:

evidentemente Davide sapeva che per lui non sarebbe stato un grande affare venire a far parte di questo mondo, perché si è deciso a farlo dopo 36 ore di travaglio mio. Ma da subito ha voluto stupire ed essere educato ( lui ha la “fissa” del “bon ton”) perché nasce in un giorno che emblematicamente è il più bello dell’anno: il 21 marzo, nel giorno più bello della settimana: sabato (vedi “il sabato del villaggio”), in un orario comodissimo: 16,20. non aveva voluto disturbare nessuno, con invadenza e prepotenza, non si scomodano le persone né durante il sonno, né durante i pasti. Nasce, per scelta di mamma, (perché vivevamo in provincia) in una città considerata una metropoli europea, nel triangolo industriale italiano: Milano. Difatti Davide fa una grande tenerezza quando, con orgoglio asserisce, io sono di Milano e lo dice con accento trapanese.

Davide, nasce da una mamma che, con immensa gioia, improvvisamente a 18 anni scopre, leggendo una minuscola agendina tascabile datata con il suo anno di nascita e ricercando nel suo giorno di essere figlia di un uomo che lei aveva sempre amato ed ammirato smisuratamente sin da bambina, ma sapeva che era solo un amico. Questo splendido segreto lo apprende e lo chiude nel suo cuore, non lo dice mai, neanche in punto di morte alla sua mamma, né a nessun altro, ma quando gli capita di frequentare persone molto care e vicine a questo “amico” (papà) lei si rende conto che queste persone lo sanno e ciò la riempie di profondo orgoglio: il sapere che almeno qualcuno sa che lei è la figlia di quell’uomo straordinario, speciale che di più non si può.

Davide nasce da un papà che lo rifiuta. E che anche lui ha una storia di nascita incredibile, ma per rispetto alla sua privacy non ve la racconto. Il papà di Davide lo rifiuta, perché non accetta l’idea che io possa diventare mamma e togliere a lui tutto ciò di cui si era innamorato: la freschezza, la spensieratezza, l’incoscienza, della donna che aveva imparato ad amare. Dal momento di quella nascita non sarei stata più solo quella donna, ma anche una madre, quindi seria, responsabile, accorta, prudente.

Quando Davide ha un anno e mezzo, il padre viene a cercarmi dicendomi che vuole riconoscere il bambino dandogli il suo cognome. Io ben felice delle notizia, attivo subito la macchina burocratica affinché ciò avvenga. Quando tutto è compiuto, io denuncio Davide su qualsiasi documento ufficiale con il cognome del padre.

Arriva il momento dell’ iscrizione a scuola di Davide. Richiedono l’estratto di nascita. Lo produco…Stupore… Davide risulta portare il mio cognome. Mi attivo per le ricerche del caso. Cosa era accaduto? Quando la pratica del riconoscimento giunge al Tribunale dei Minori di Milano, dove per una semplice prassi conclusiva doveva riunirsi una commissione per deliberare l’approvazione, una Giudice, Presidente della Commissione, di suo libero arbitrio, sentenzia che il padre non è idoneo a far spendere il suo cognome all’esterno al figlio.

Il minore resta riconosciuto, nessun altro in futuro potrà procedere, lo volesse, ad altro riconoscimento, al raggiungimento della maggiore età il figlio potrà presentare richiesta di voler spendere all’esterno il cognome del padre. Quindi, secondo il buon senso “femminile” di questo giudice donna, un bambino si presenta alla società, sino a 18 anni con un cognome, poi improvvisamente si presenta con un nuovo cognome… Altro che crisi di identità…

Io lotto, chiedo, mi informo, mi reco a Milano, vado da vari avvocati, nulla. Non ho la forza né economica, né di situazione (Davide piccolo, da solo con mia mamma anziana, io se manco troppo dal posto di lavoro, rischio il licenziamento) di andare e tornare da Milano, attendo,che qualcosa cambi. Passano gli anni, tutto resta immutato. Davide stà frequentando la V° elementare, è prossimo alla licenza, non posso fare emettere un titolo di studio con un cognome falso, sarebbe grave. Glielo devo dire. Glielo dico. “Amore, mi spiace, ma da domani in poi a scuola e negli altri posti incominceranno a chiamarti Barbieri e non più Pompilio.”

Non fa domande. Mi risponde.
“Non preoccuparti, mamma, meglio così. Perché mi scrivono tra i primi nomi del registro e non a tre quarti. Quando la maestra interroga, per chiamare, inizia guardando o i primi nomi in alto o gli ultimi in basso. Così se sono tra i primi mi interroga subito e mi tolgo il pensiero, non resto con la pena per giorni in attesa che mi chiami e magari in quel momento non sono preparato bene.”

Riflessione: Davide un bambino di nemmeno 10 anni riesce ad interpretare la mia fatica e la mia amarezza nel dovergli comunicare quella notizia, e si preoccupa di una cosa sola, sollevarmi e non farmi pesare il dolore della situazione. Davide, non produce rabbia né risentimento verso una mamma che, anche se per amore, ha fatto scelte che hanno prodotto un sacco di pasticci, tanti e gravi, non produce rabbia e risentimento verso un papà così assente, così disattento, così superficiale. Lui sapeva che quando era stato in coma, il padre era stato avvertito, ma non ha fatto nemmeno una telefonata per sapere come stava il figlio.

L’unica cosa che ha fatto per lui è stato scegliergli il nome. Quando lo aspettavo è stato lui a dirmi, perché non lo chiami Davide? Ed io non dimenticando quella richiesta, l’ho fatto..

Per tutta la sua vita Davide per non crearmi turbamenti, per non pesare su una mia delusione, non mi ha mai chiesto nulla. Sicuramente dentro lui si addensavano mille tormenti, tante domande a cui non sapeva darsi risposte. Ma era più importante proteggere me.

Solo due anni fa. Un giorno ho deciso di raccontargli tutto. Si è limitato ad ascoltarmi senza emettere il benché minimo giudizio.

In concomitanza a questa mia confessione, mi ha detto: “mamma, prima del coma era tutto bello e sereno, dopo è diventato tutto brutto e buio. Solo quello ha trovato il coraggio di dirmi, perché sapeva che mi sarei addolorata, ma è stato il massimo che è riuscito a dirmi.

Con questo spaccato di vita ho voluto comunicarvi quanto e come si evince la grande delicatezza e la bontà d’animo di Davide che lo accompagnerà per tutta la strada della sua vita.

Il resto della storia lo sapete.

Ditemi un po’. Possiamo solo pensare di perdere una persona come Davide?

One Response to “21 Marzo”

  1. Cara Laura,
    non possiamo e non dobbiamo pensarlo.
    Sono stato vicino a Davide prima che lui partisse per Roma.
    Nonostante la sua estrema esuberanza di alcuni momenti, Davide riusciva sempre a trasmettere il suo affetto per me e per le persone che gli stavano accanto e, allo stesso tempo, ne chiedeva tanto.
    Qualche giorno fa mio padre mi ricordava che alcuni giorni mi chiamava a casa, anche se ero a Palermo o da qualche altra parte e lui, appresa la notizia, si dispiaceva profondamente di non avermi trovato.
    Mia madre, fino a ieri sera, mi ha ricordato che è stata sempre profondamente colpita dall’inteliggenza profonda di Davide, quando le era capitato di scambiare le classiche quattro chiacchere con lui.
    Dunque chiunque l’abbia conosciuto non può scordarsi di lui.
    Dobbiamo cercarlo e fargli sentire il nostro affetto.
    Un abbraccio forte

Leave a Reply

You must be logged in to post a comment.